L’asilo di padre Yacob
Una strada tranquilla nel quartiere cristiano di Ainkawa, ad Erbil, capitale della regione del Kurdistan iracheno (KRG). Una fila di case a schiera, tutte uguali: due piani, un piccolo cortile delimitato da un cancello. Un furgone di frutta e verdura fermo all’angolo e una coda di donne impegnate con la spesa. A prima vista niente di strano. Tranne un vociare di bambini che cresce, e si espande nell’aria.
Nulla lascerebbe pensare che dentro una di quelle piccole case oggi ci sia un asilo. Improvvisato, ma arredato con cura: le stanze che normalmente ospiterebbero salotto, cucina e camere da letto sono state attrezzate con piccole file di banchi, e c’è addirittura una sala per giocare.
Tappeti colorati per terra, pupazzi, palline colorate, un minuscolo scivolo. E’ l’asilo di padre Yacob, priore del monastero ortodosso di Mar Matti, a Bartella, cittadina a pochi chilometri da Mosul. Come tutti i bambini che sono con lui, da lì è fuggito anche lui nell’estate del 2014, quando l’avanzata di Daesh ha messo in fuga migliaia di persone, arrivate in gran numero ad Erbil. Che non ha esitato ad accoglierle, pur non avendone i mezzi ne’ le capacità ricettive.
Senza alcuna assistenza ne’ servizi si sono ritrovate tante famiglie, fuggite con bambini piccoli che avevano bisogno di scuole. Impossibile trovare un posto per tutti. E così, padre Yacob ha cercato una soluzione.
L’ha trovata affittando a sue spese una piccola casa in questo quartiere. E sistemandola, un giorno dopo l’altro, fino a trasformarla in un asilo con 5 classi per 150 bambini tra i 3 e i 5 anni.
“Qui, insieme a me, sono arrivate 1.800 famiglie cristiane ortodosse solo da Bartella”, racconta il priore. “Hanno trovato una sistemazione da parenti, conoscenti, affittando case per loro molto costose. Impossibile pensare di fargli pagare anche la scuola per i bambini. Dovevamo fare qualcosa”, spiega, ripercorrendo la storia di questo piccolo asilo domestico, per il quale la comunità si è messa a lavoro sin dal primo giorno dell’arrivo in città. “Andiamo avanti grazie alle donazioni e agli eventi di raccolta fondi. Da soli siamo riusciti a creare questo asilo. Adesso dobbiamo solo risolvere il problema dei trasporti: ci servirebbe un pulmino, anche piccolo, per andare a prendere i bambini e riportarli a casa. Ma costa troppo”.
Ha un sorriso gentile padre Yacob, e l’aria di chi ne ha passate tante ma non si è mai abbattuto. Punto di riferimento per una comunità che ha perduto tutto, gira per le classi e i bambini lo accolgono felici, facendogli sentire le canzoni che hanno imparato. “Non abbiamo personale specializzato qui, solo tante maestre di buona volontà che cercano di aiutare questi bambini, le prime vittime dei traumi che tutti noi abbiamo subito”, spiega. “I bimbi chiedono spesso quando potranno tornare a casa e, davvero, non sappiamo cosa rispondere”.
Per i bambini di padre Yacob nel corso del 2014 abbiamo organizzato tante attività di supporto psico-sociale, nell’ambito del nostro Programma di Sostegno per minori. Grazie alla speciale raccolta fondi organizzata con la Campagna di Natale 2015 siamo riusciti ad acquistare i generatori ed i condizionatori, per assicurare il riscaldamento dei locali d’inverno e l’aria condizionata d’estate, quando le temperature in Iraq raggiungono facilmente i 50 gradi.
Ma le necessità sono tante, e non cessa il nostro impegno. Continueremo a sostenere l’asilo di padre Yacob: il primo passo sarà acquistare i pulmini con cui potrà andare a prendere e riportare a casa i suoi bambini, perché possano frequentare l’asilo serenamente.