Crisi Libano, la denuncia di UNRWA: “Disumane le sofferenze dei Palestinesi”
Il Libano continua a sprofondare. Gran parte del Paese levantino in questo momento è costretto a vivere fino a 22 ore al giorno senza elettricità, senza farmaci e carburante. E nei campi profughi palestinesi la situazione è ancora più grave.
La crisi economica e quella energetica rischiano di far chiudere gli ospedali in Libano. La mancanza di carburante insieme ai tagli dell’elettricità mettono in serio rischio la sanità libanese: macchinari salva vita cesseranno di funzionare se continuerà ad essere irreperibile il carburante utilizzato per i generatori.
Le due principali centrali elettriche del Libano, Deir Ammar e Zahrani, hanno cessato le attività il 9 luglio: coprivano il fabbisogno elettrico di circa il 40% del Paese.
Se già prima di questa crisi veniva applicato il razionamento quotidiano dell’energia elettrica, oggi la situazione è catastrofica.
Secondo Najat Rochdi, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per il Libano, “la maggior parte degli ospedali ha ridimensionato del 50% la propria capacità, principalmente per ricoveri critici salvavita”.
I tagli all’elettricità sono particolarmente duri nei campi profughi palestinesi. In tutto il paese è alto il rischio di blackout totale.
A causa della mancanza di carburante, si formano code di ore alle stazioni di servizio. Le tensioni e la violenza sono quotidiane.
Una sorta di far west in cui la posta è quella di riempire i serbatoi dei propri veicoli.
L’economia libanese è al collasso totale, la moneta ha perso più dell’80% del suo valore. Il Libano è stato recentemente classificato tra i paesi con il salario minimo più basso, equivalente a meno di 35 dollari. Prima della crisi economica, il salario minimo era pari a 450 dollari.
Secondo la stima della Banca Mondiale, la crisi libanese è una delle peggiori crisi economiche e finanziarie al mondo mai registrate dal 1850.
I/le cittadini/e libanesi non sono però gli unici colpiti/e, poiché il Libano ospita un numero enorme di rifugiati/e siriani/e e palestinesi: rappresentano le comunità più vulnerabili e ricevono i servizi essenziali (cure mediche, scuola e assistenza) da un’agenzia dedicata delle Nazioni Unite, l’UNRWA.
Tuttavia, la profonda crisi economica libanese ha reso questi aiuti insufficienti. Secondo un rapporto di UNRWA, nell’ultimo anno la disoccupazione nei campi palestinesi è salita dal 65 al 90%, aumentando il tasso di povertà estrema oltre il 90%.
“Cosa si risponde a qualcuno che dice di avere tre opzioni: morire di COVID-19, morire di fame o prendere il mare?” – si è chiesto il commissario generale dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, dopo aver visitato i campi libanesi.
Uno studio delle Nazioni Unite ha stabilito che i/le rifugiati/e palestinesi in Libano hanno tre volte più probabilità di morire di COVID-19 rispetto al resto della popolazione. Circa 9 persone rifugiate su 10 vivono una situazione di povertà estrema. Le comunità emarginate in Libano riportano tassi altissimi di analfabetismo, malattie congenite, lavoro minorile e matrimoni precoci.
Sin dalla Nakba del 1948, i/le rifugiati/e palestinesi in Libano vivono in campi sovraffollati o in insediamenti non ufficiali dove mancano infrastrutture adeguate, acqua, fogne ed elettricità. Inoltre, la legge libanese vieta tuttora ai/lle palestinesi di possedere proprietà, ereditare o restaurare beni immobili.
Per i rifugiati palestinesi in Libano, le risorse sono scarse, i servizi sono saturi e i loro diritti legali costantemente limitati. Le ripercussioni della crisi libanese sui/lle rifugiati/e saranno gravissime senza un’azione immediata.
Nel mentre, gli ospedali libanesi sono al collasso e non sono in grado di affrontare la nuova ondata di contagi causata dalla variante delta.
Le farmacie soffrono di una carenza fortissima di medicinali essenziali, mentre scorte illegali di farmaci vengono accumulate da gruppi di potere.
C’è una diminuzione del 60-80% delle importazioni di farmaci e forniture mediche e più di 600 farmacie private hanno chiuso a causa della crisi. Come conseguenza, un gran numero di farmaci anche a livello ospedaliero è già esaurito sul mercato libanese.
In questo contesto il Ministero della Salute libanese ha anche richiesto il rilascio di dollari da parte della banca centrale per pagare i fornitori stranieri. Sempre una questione di dollari. Finché la crisi della lira libanese non verrà affrontata a fondo e i mercati neri continueranno ad operare quotidianamente nel Paese – incidendo catastroficamente sul tasso di cambio – la crisi che ha colpito i prodotti farmaceutici, il carburante e più in generale le importazioni, si estenderà ad altri settori che richiedono il pagamento in dollari.
Se non si trovano delle soluzioni, il Libano sarà evidentemente protagonista di un’escalation di instabilità sociale e di proteste nei prossimi mesi.
Dopo aver ascoltato le persone nei campi, il Commissario generale dell’UNRWA Lazzarini ha concluso:
“Nessun essere umano dovrebbe essere lasciato in queste condizioni disperate. L’intero Paese è scosso da diversi livelli di crisi… dove tutti/e soffrono. Chiediamo alla comunità internazionale di aiutare a garantire dignità alle persone rifugiate e stabilità nei campi profughi”.