Lampedusa, la Siria ed i nostri ponti
La strage di Lampedusa dello scorso ottobre ha colpito molti in Italia. Per noi che lavoriamo nei paesi da cui molte persone fuggono, vedere che l’Italia non riesce ad accogliere ed è un fortezza chiusa pronta solo a piangere le vittime, è stato un dolore fortissimo.
Per questo, abbiamo deciso di impegnarci molto di più nella protezione dei migranti anche nel nostro paese. Non per sostituire le molte organizzazioni che già si occupano di accoglienza ma per affiancarle facendo un’azione politica e mettendo a disposizione in Italia la nostra esperienza nei luoghi da cui partono migranti e rifugiati.
Con tante altre organizzazioni abbiamo partecipato al percorso della carta di Lampedusa, una carta per i diritti, non solo dei migranti, nel Mediterraneo.
A gennaio abbiamo invitato un rappresentante delle famiglie tunisine degli scomparsi in mare e lo abbiamo accompagnato dal Vice Ministro dell’Interno e alla Commissione Diritti Umani del Senato. Per la prima volta, un’ organizzazione tunisina è stata accolta in questi luoghi, ed ascoltata. I politici hanno preso l’impegno di cercare queste persone. Con altri stiamo costruendo un percorso per portare attiviste e attivisti ai confini d’Europa. I veri confini dove si ammassano i migranti e i rifugiati che sperano di raggiungere un po’ di pace. A fine aprile alcune carovane di attivisti sono partite per la Tunisia, la Turchia, il Libano anche per conoscere da vicino, in questi ultimi due paesi, il dramma della guerra siriana, per cui tanto Un ponte per… si è speso negli ultimi tre anni. Un dramma che ci vede al lavoro senza sosta, ogni giorno. Un dramma tra i più grandi mai visti nella storia recente che coinvolge ormai milioni di rifugiati e che ci ha costretto a rispondere subito, impegnando tantissime delle nostre energie. Ed oggi sono più di 50.000 le persone a cui portiamo solidarietà in Iraq, Giordania e Libano.
Noi ci ostiniamo a pensare che la pace si costruisca accettando l’altro all’estero e a casa nostra e quindi accogliendo in modo degno migranti e rifugiati. E portando solidarietà a chi ha meno di noi. Come diceva Don Milani “Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri miei stranieri”. A questa frase ed all’esortazione sudamericana che l’unica lotta che si perde è quella che si abbandona leghiamo il nostro impegno che sarà sempre più con un piede in Italia ed uno nei Balcani, in Medio Oriente e nel Mediterraneo.
Quest’anno dedicheremo molto del nostro tempo alle giovani volontarie e volontari che si stanno avvicinando ad Un ponte per… Alla loro ricerca di senso e di strade da percorrere dedicheremo una prima formazione questo marzo. Aumenteremo la nostra partecipazione agli scambi giovanili in Europa. Proveremo anche a inviare i volontari nei paesi in cui operiamo in complessi progetti di emergenza, come la Giordania e l’Iraq. Ma soprattutto, stiamo cercando di costruire nuovi ponti in cui la nostra associazione possa continuare a far passare, co-operare e incontrare persone, culture, solidarietà, pace.